I dolori alla schiena sono tra i più diffusi e diversificati. Riguardano il 97% della popolazione, seppur con forme, diagnosi e intensità molto variabili. Il Global Pain Index ha stimato che in Italia, ogni settimana, 6 persone su 10 soffrano di mal di schiena, sia in ambiente domestico che sul posto di lavoro.
Il dolore può essere provocato o accentuato da stili di vita molto diversi tra loro, ed anche per questo è così diffuso: una vita troppo sedentaria può favorire i dolori alla schiena tanto quanto una vita troppo usurante dal punto di vista fisico e motorio. L’impiegato e il minatore rischiano entrambi di soffrirne, l’uno per la postura errata e l’altro perché sottoposto a carichi fisici o a sollecitazioni come tremolii e vibrazioni.
Fattori psicologici come lo stress o la depressione possono scatenare o peggiorare il mal di schiena, poiché inducono tensione e rigidità muscolare.
I dolori alla schiena, però, non sono tutti uguali. Può cambiare la sede (ad esempio lombare, dorsale, cervicale), l’intensità (lieve, moderato, acuto), la durata, la tipologia (intermittente, bruciante, pungente, ecc.), la frequenza con cui si manifesta e il tessuto o la struttura in cui si sviluppa (ossa, muscoli, articolazioni, nervi, dischi vertebrali, organi addominali).
Le cause possono essere tantissime (centinaia!) ma nella stragrande maggioranza dei casi a provocare il dolore è un uso scorretto della colonna vertebrale. Solo in alcuni casi all’origine del disturbo vi è un trauma o una frattura, oppure la presenza di un’ernia del disco o di deformità strutturali della spina dorsale, come la scoliosi. In rari casi il mal di schiena può essere il sintomo di patologie sistemiche e più serie, come un’infezione o una neoplasia. Si tratta, insomma, di un fenomeno complesso.
Mal di schiena, che fare?
Se i dolori alla schiena si ripresentano con una certa frequenza e/o hanno un’intensità che interferisce con le normali attività quotidiane si rende opportuna una visita medica.
Per prima cosa il medico di base cercherà di identificare la natura del dolore, chiedendo al paziente di descriverlo e localizzarlo nella maniera più accurata possibile e interrogandolo sulla presenza di altri sintomi, di patologie concomitanti, sull’assunzione di farmaci e su traumi o infortuni accaduti di recente.
Sulla base dell’anamnesi e della visita il medico formulerà una o più ipotesi diagnostiche, valuterà se indirizzare il paziente verso altri specialisti (ad esempio il fisioterapista, l’ortopedico, il neurochirurgo o addirittura l’odontoiatra) e suggerirà, eventualmente, gli esami strumentali più indicati per arrivare alla diagnosi.
Bisogna dire che in molti casi la causa del dolore alla schiena non si vede con i test diagnostici, perché legata a comportamenti e abitudini quali la cattiva postura o la presenza di contratture. Inoltre, esami come la risonanza magnetica o la radiografia potrebbero evidenziare delle anomalie che in realtà non causano alcun dolore o fastidio. Ciò che si vede non necessariamente è la causa del dolore. Ad esempio la spondilolistesi (lento e progressivo spostamento di una vertebra in avanti rispetto a quella che sta sotto) è ben visibile con la risonanza magnetica, ma nella maggior parte dei casi non provoca sintomi e quindi nemmeno dolore. Al contrario, le alterazioni a carico dei dischi intervertebrali (come ernie e protrusioni) provocano spesso dolore e quindi giungere a una corretta diagnosi tramite la risonanza è fondamentale per decidere il trattamento chirurgico più indicato.
In caso di dolore alla schiena, dunque, il medico o lo specialista valuterà l’utilità di effettuare un esame strumentale ed eventualmente di che tipo.
Gli esami per il mal di schiena
Per stabilire gli esami strumentali più appropriati è necessario sapere che cosa si sta cercando.
La radiografia serve a valutare ossa e articolazioni, ma non è utile per visualizzare muscoli e dischi intervertebrali. Risulta indicata se si sospettano alcune patologie, ad esempio scoliosi, osteoporosi, fratture, listesi e problemi cervicali. Non è utile in caso di
Se il problema non deriva dalle ossa ma dai dischi intervertebrali (ad esempio colpo della strega, sciatica, protrusioni o ernie del disco) risulta molto più opportuna la risonanza magnetica. Tuttavia, ernie e protrusioni variano a seconda dei movimenti e delle posizioni. La risonanza ci mostra solo la condizione dei dischi a riposo e non sotto carico, quindi non è sufficiente a inquadrare tutti gli aspetti del problema e a fare una diagnosi completa. Solo la valutazione clinica dei sintomi ci può dire con precisione se siamo in presenza di una protrusione o di un’ernia e della sua gravità.
La risonanza magnetica è invece molto attendibile per valutare la condizione e l’integrità dei dischi intervertebrali, o nel caso di sospetta stenosi vertebrale.
La TAC è indicata solo in situazioni molto specifiche, ad esempio traumi importanti e sospetta neoplasia.
L’ecografia, infine, non ha una grande utilità nell’indagine della colonna vertebrale, ma può essere d’aiuto se si sospetta che i dolori alla schiena siano legati ad organi interni.
È importante sapere che le indagini strumentali sono un valido supporto, ma non vanno intese come sostituti della visita. Con una buona visita si raccolgono, infatti, tutti gli elementi utili a formulare un’ipotesi diagnostica che può avvalersi degli esami per essere confermata, approfondita, integrata o respinta.