Palpitazioni, batticuore, cardiopalmo: per riferirci agli attacchi di tachicardia usiamo tante parole diverse, spesso in maniera impropria. Di certo quando sembra che il nostro cuore esca fuori dal petto proviamo una sensazione molto netta e precisa, comunque la si chiami. Che cosa dobbiamo fare di fronte a questa sensazione? Come dobbiamo interpretarla? Partiamo dalle informazioni di base per poi fornire alcune indicazioni di carattere diagnostico.
Che cos’è la tachicardia
Per tachicardia si intende un aumento della regolare frequenza cardiaca, normalmente compresa tra i 60 e 100 battiti per minuto.
Gli episodi di tachicardia non devono necessariamente preoccuparci: nella maggior parte dei casi si tratta di una risposta regolatoria del cuore, del tutto fisiologica, ad una variazione di stato dell’organismo. Il “cuore che pulsa” è qualcosa di perfettamente normale quando si è sottoposti ad uno sforzo fisico, quando si prova una forte emozione o ci si trova in una situazione di stress o ansia.
La tachicardia può essere anche conseguenza dell’assunzione di farmaci o alcool o ancora più semplicemente del processo di digestione dopo un pasto particolarmente abbondante (si parla in questo caso di tachicardia post-prandiale).
Altre volte, invece, è il sintomo di una patologia.
Tipologie di tachicardia
Diversi sono i disturbi che possono causare un’accelerazione del battito cardiaco, ma in linea estremamente generale si possono distinguere tre tipi principali di tachicardia: sinusale, ventricolare, sopraventricolare.
- La tachicardia sinusale è quella più frequente e anche la meno preoccupante. È causata da un aumento del ritmo sinusale, generato dal nodo del seno atriale. È il tipo di tachicardia scatenato da eventi psicofisici stancanti o stressanti, dall’assunzione di alcool, fumo o farmaci oppure da stati di ipotensione.
- La tachicardia ventricolare origina nei ventricoli (le camere inferiori del cuore) e produce una frequenza cardiaca superiore ai 100 battiti al minuto. Nella maggioranza dei casi è legata ad un “corto-circuito” elettrico del ventricolo (più frequentemente quello sinistro) ed è associata ad una malattia cardiaca; in altri casi, invece, si tratta di forme idiopatiche (cioè in individui apparentemente sani e quindi senza cause note), spesso presenti già in giovane età. La tachicardia ventricolare a ritmo sostenuto può essere pericolosa, perché una frequenza cardiaca troppo elevata può portare alla perdita di coscienza, all’arresto cardiaco e addirittura alla morte improvvisa se non si interviene immediatamente con la defibrillazione.
- La tachicardia sopraventicolare è dovuta, nella maggior parte dei casi, alla presenza di un “corto-circuito” elettrico dell’atrio cardiaco. Una forma particolarmente seria è la tachicardia parossistica sopraventricolare (TPSV). Qui l’aumento dei battiti è causato dalla generazione anomala dell’impulso elettrico dall’area sopraventricolare ed è legato a problemi cardiaci più rilevanti, tra i quali lesioni organiche (ischemie o miocarditi) o riflessi gastro-cardiaci. Può essere inoltre provocata da intossicazioni da farmaci. Gli episodi di TPSV insorgono e si estinguono repentinamente e hanno una durata variabile che va dai pochi secondi a diversi minuti. Sono quelli che richiedono assolutamente un attento esame medico.
L’approccio diagnostico alla tachicardia
Di norma è opportuno rivolgersi al medico quando gli attacchi di tachicardia sono frequenti o particolarmente prolungati, specie se avvengono a riposo e non risultano legati ad un fattore scatenante ben preciso.
Di fronte ad un paziente che espone l’insorgenza di tachicardia il medico provvederà innanzitutto ad un’attenta anamnesi che tenga conto sia dei disturbi attuali che di quelli pregressi e di eventuali altri casi in famiglia.
Una volta indagata la storia clinica del paziente si può procedere ad una serie di esami per verificare lo stato di salute del cuore e per ricercare eventuali cause organiche del disturbo.
In primis un elettrocardiogramma (ECG) identifica il tipo di tachicardia registrando l’attività elettrica e il ritmo cardiaco.
Se opportuno il medico potrà procedere ad esami più approfonditi, tramite macchinari specifici. Grazie all’Holter cardiaco (un dispositivo ECG portatile ed indossabile) ad esempio è possibile monitorare il ritmo cardiaco del paziente per le successive 24 ore.
Con l’ecocardiogramma invece si può ricostruire un’immagine del cuore in movimento tramite scansione ultrasonica (ecografia). È un esame importante per identificare alterazioni funzionali del muscolo cardiaco e quindi per individuare e monitorare la maggior parte delle malattie cardiache.
Va infine ricordato che la tachicardia è un sintomo sostanzialmente aspecifico, e come tale potrebbe essere riconducibile a problematiche non cardiache. In presenza di ipotesi simili, il medico può ritenere opportuno predisporre altri esami specifici.
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